Programma 2020-21

Gli allegati e i materiali di approfondimento riferiti agli incontri sono disponibili nella sezione Multimedia del sito.

IL MEZZOGIORNO E ALTRI DIVARI TERRITORIALI - Video

Martedì 20 aprile 2021, 18:00 - 19:20

Modalità di partecipazione

Programma

Il Mezzogiorno d’Italia, con i suoi venti milioni di abitanti, è l’area in ritardo di sviluppo più popolosa d’Europa. Il suo PIL pro capite è pari al 55% di quello del Centro-Nord. Il ritardo del Mezzogiorno ha accompagnato tutta la storia unitaria – è del 1876 l’inchiesta Franchetti-Sonnino che porta con forza agli occhi delle classi dirigenti settentrionali il ritardo del Meridione. Studi recenti suggeriscono che il divario persista addirittura da sette secoli. Gli straordinari sforzi di finanza pubblica che dalla seconda metà del Novecento hanno provato a stimolare la convergenza si sono rivelati poco efficaci.

A questo tradizionale divario territoriale dell’economia italiana, negli ultimi 20-30 anni si è aggiunto quello tra aree urbane e aree periferiche/interne. Le prime sono cresciute poiché lì si sono insediate le imprese più produttive; le seconde hanno visto un forte calo demografico e un invecchiamento della popolazione. Ma è davvero lo Stato a dover intervenire per ridurre queste disuguaglianze? O è preferibile un aggiustamento spontaneo tramite le migrazioni interne, eventualmente da incentivare? Peraltro, anche in paesi dove la mobilità interna è ben più alta che in Italia, questo approccio si è mostrato solo parzialmente efficace. Su questo sfondo, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza offre al Mezzogiorno nuove opportunità di crescita, ma anche nuovi rischi di ulteriori sprechi.

Possibili domande:

  1. Se la produttività delle imprese è maggiore nei contesti urbani, è corretto attuare politiche come quella sulle aree interne?
  2. Le politiche di riequilibrio spaziale devono puntare all’occupazione o alla produttività?

  3. Il governo sta puntando molto sulla decontribuzione come strumento per promuovere l‘occupazione nel Mezzogiorno. È la via giusta?

  4. Recentemente alcuni economisti hanno proposto contratti differenziati per diverse aree del Paese in funzione del costo della vita. È una proposta ragionevole? O, piuttosto, non sarebbe preferibile dare più spazio alla contrattazione aziendale?

  5. Invece di puntare a stimolare direttamente lo sviluppo locale, non sarebbe preferibile limitarsi alle sole condizioni di contesto, a partire dal contrasto alla criminalità?

  6. La classe dirigente del Mezzogiorno è all’altezza della sfida?

 Relatori:

Modera:

 

Evento in collaborazione con Punto Europa Forlì e con il patrocinio del Comune di Bologna.

IL NUOVO INTERVENTO PUBBLICO NELL'ECONOMIA - Video

Martedì 9 marzo 2021, 18:00 - 19:20

Modalità di partecipazione

Programma 

L’emergenza pandemica e la stesura del PNRR hanno riportato con forza l’attenzione su diverse funzioni dello Stato: al di là della fornitura di servizi sanitari e di sostegno al reddito di famiglie e imprese, anche come soggetto che coordina, indirizza ed in parte attua direttamente (attraverso gli investimenti pubblici) l’enorme sforzo fiscale atteso.

Per l’Italia, è l’ultimo capitolo di una lunga storia, iniziata – limitandosi al periodo post bellico – con un forte intervento diretto attraverso la galassia delle partecipazioni statali. All’inizio degli anni ’90, il crescente debito pubblico, la diffusa inefficienza nella gestione delle imprese pubbliche e le derive clientelari hanno favorito un forte arretramento dello Stato con l’avvio delle privatizzazioni: lo Stato che si ritagliava un ruolo indiretto di regolatore, attento a intervenire solo in presenza di storture del mercato.

Circa quindici anni dopo, con la crisi globale post Lehman Brothers, ha riacquistato credito una visione maggiormente interventista dello Stato nell’economia. La sfida ecologica e la pandemia hanno poi rilanciato il tema. Più in concreto, oggi in Italia lo Stato gioca un ruolo importante nell’acciaio, nelle banche e in molti altri settori. Crescono le pressioni sulla Cassa Depositi e Prestiti perché acquisisca partecipazione “strategiche” secondo logiche non necessariamente di mercato.

Alcune domande

1.  La macchina pubblica italiana è oggi attrezzata per la grande sfida della gestione del Recovery fund? Ovvero, quali riforme della PA sono necessarie affinché essa possa svolgere i ruoli (di pianificazione, indirizzo, regolazione e intervento diretto) che sono necessari per il PNRR?

2.  È possibile un intervento pubblico nell’economia senza le pesanti derive clientelari del passato? Da questo punto di vista, la governance del processo di spesa (controlli, distribuzioni dei poteri tra i vari attuatori, etc.) può aiutare?

3.  Come rispondere alla critica, spesso proveniente da destra, della cattura politica dell’impresa pubblica?

4.  Come rispondere alla critica, spesso proveniente da sinistra, secondo la quale l’impresa privata non può essere realmente interessata a obiettivi di interesse pubblico come la sostenibilità ambientale?

 

 Saluti iniziali

  • Marco Lombardo (Assessore del Comune di Bologna)

 

Discutono

  • Stefano Fassina (Deputato LeU)
  • Tommaso Nannicini (Senatore PD)
  • Carlo Stagnaro (Istituto Bruno Leoni)

 

Modera

  • Luciano Capone (il Foglio)

 

Evento in collaborazione con Punto Europa Forlì e con il patrocinio del Comune di Bologna.

NEXT GENERATION EU: L'OCCASIONE PER RIPARTIRE? - Video

Martedì 1 dicembre 2020, 18:00 - 19:20

Live streaming dal canale YouTube del Dipartimento di Scienze Economiche

Programma

Siamo in mezzo alla crisi, e che sia un mal comune non è motivo per essere meno preoccupati, anzi.

Nel 2020, il PIL dell’Italia crollerà fra il 9% (per il Governo) e il 10,6% (per il Fondo Monetario Internazionale).

Ma già nel 2019 - prima della pandemia - la crescita era pressoché zero. Ed è dal 1996 che l’Italia ha iniziato a perdere terreno rispetto agli altri paesi nell’area euro.

Nel 1995, il nostro reddito pro capite era il 103% della media dell’area (12 paesi). Nel 2020 sarà l’83%: abbiamo perso 20 punti!

Ma non è solo che siamo cresciuti più lentamente degli altri. In realtà, non siamo cresciuti affatto: il nostro PIL pro capite del 2019 era addirittura inferiore a quello del 2000.

E ora? Le previsioni della Commissione Europea indicano che – nonostante il sostegno della BCE e le risorse di “Next Generation EU (NGEU)” e degli altri programmi dell’Unione – prima del 2023 non recupereremo neppure il reddito del 2019.

Che fare allora? È possibile una ripresa “intelligente”: uscire, in una sola mossa e sia pur lentamente, da questo lungo declino e dall’attuale recessione?

DOMANDE

1.  Perché negli ultimi 25 anni l’Italia non ha saputo tenere il passo con gli altri paesi?

2.  Quali sono i “motori” per far crescere la produttività: Innovazione? Adozione di nuove tecnologie digitali? Crescita dimensionale delle imprese? Riallocazione di imprese e lavoratori verso i settori più produttivi? Nuove reti di infrastrutture?

3.  E quali sono le politiche per accendere questi motori: Sgravi fiscali? Contributi a fondo perduto? Crediti a basso costo? Protezionismo? Riforma del sistema educativo? Una nuova “politica industriale”? Nuove politiche attive del lavoro e riforma del reddito di cittadinanza? Lo Stato deve intervenire nel capitale delle imprese, e di quali? È necessario ri-capitalizzare le banche, e come?

4.  Hanno ragione gli economisti Nicolas Stern e Joseph Stiglitz che la strategia migliore, anche per risolvere i problemi di crescita e di occupazione, è puntare su politiche “green” che favoriscono la decarbonizzazione?

5.  Quanto dobbiamo preoccuparci, o da quando dovremo ricominciare a preoccuparci del debito pubblico che continuiamo ad accumulare?

6.  Fino ad ora, e anche nella prossima manovra di bilancio, lo Stato ha pensato soprattutto a “ristorare” redditi e capacità di spesa: quanto bisognerà andare avanti così? E quando si potrà iniziare a parlare di politiche per la crescita? Forse già oggi? Forse proprio per poter utilizzare i fondi di “Next Generation EU”?

7.  I nostri governanti hanno le idee abbastanza chiare su come procedere in questa direzione?

 

Discutono:


Modera

UN MONDO NUOVO? CAMBIAMENTO CLIMATICO E RICONVERSIONE PRODUTTIVA NEGLI SCENARI POST PANDEMIA - Video

Martedì 20 ottobre 2020, 17:00 - 18:30

Live streaming dal canale YouTube del Dipartimento di Scienze Economiche

Come da DPCM del 18 ottobre 2020, “sono sospese tutte le attività convegnistiche o congressuali, ad eccezione di quelle che si svolgono con modalità a distanza”, pertanto è annullata la partecipazione in presenza all’evento.

Programma 

L' attività umana ha generato un aumento delle temperature medie nel mondo di circa 1°C nel 2017 da prima della rivoluzione industriale (1850-1870). Vedi https://www.ipcc.ch/sr15/.

È impossibile impedire che le temperature globali aumentino meno di +1,5°C entro il 2030. Però si può – anzi si deve - evitare che l'aumento vada oltre la soglia di +2°C.

Questo obiettivo richiede una riduzione delle emissioni globali di CO2 di circa il 25% fra il 2010 ed il 2030, e l'azzeramento delle emissioni nette attorno al 2070.

Tre sono le vie per raggiungerlo:

  • Rendere più costose le emissioni di CO2 (eliminare i sussidi e tassare l'uso dei combustibili fossili)
  • Introdurre vincoli per eliminare o limitare le emissioni di CO2
  • Incentivare le attività economiche che non producono CO2.


Nessuna di queste strade, da sola, è sufficiente a portarci all'obiettivo: vanno percorse simultaneamente, ed in modo rapido e risoluto!

È una soluzione troppo costosa, per le imprese e quindi per i cittadini/consumatori?

Niente affatto: anzi, è un'opportunità per nuovi investimenti, che creerà almeno tanti nuovi posti di lavoro quanti ne verranno eliminati.

È una strada che la Commissione Europea ha imboccato in modo risoluto:

  • Con lo “European Green Deal”, si vuole raggiungere la “carbon neutrality (zero emissioni nette) per il 2050. Questo farà dell'Europa il primo continente climate-neutral.
  • La Presidente von der Leyen ha proposto di aumentare almeno al 55% (rispetto al 40%) l'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2. 
  • Il 37% dei fondi di Next Generation EU sarà destinato direttamente agli obiettivi del Green Deal europeo.


E in Italia?

L'Italia ha elaborato il PNIEC (Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, dicembre 2019), che recepisce le indicazioni della Commissione. Molti altri provvedimenti vi hanno fatto seguito nei mesi scorsi, ed altri ancora dovranno seguire.

La domanda:

Quali provvedimenti possono consentire di affrontare in modo risolutivo la mitigazione del cambiamento climatico, minimizzando i costi e massimizzando le opportunità di crescita? Cosa ne pensano economisti ed imprenditori?


Discutono:


Modera