Il percorso espositivo

SALA 1 – PROIEZIONE INTRODUTTIVA
SALA 2 - MUSEO ALDROVANDI
Trasferito per volere di papa Lambertini da Palazzo Pubblico a Palazzo Poggi tra il 1742 e il 1743, con l’intenzione di dare collocazione unitaria ai materiali naturalistici, ponendoli a disposizione di scienziati e giovani studiosi, il museo di Ulisse Aldrovandi (1522-1605) confluisce nel patrimonio dell’Istituto delle Scienze, e ne incrementa in particolare i reperti delle Stanze di storia naturale. Nel 1751 vi giungerà anche l’esemplare di coccodrillo del Nilo [B], esposto in Sala, dono di Benedetto XIV, come la Tartaruga liuto, arenatasi sulla spiaggia di Nettuno (vd. Collezione di Zoologia). Sono esposti anche il ritratto di Benedetto XIV [A] in mosaico, realizzato nel 1744 su disegno di Giacomo Zoboli con la tecnica degli smalti tagliati (che garantisce tessere meno lucide ed evita riflessi con maggiore fedeltà al dipinto di partenza), ed inviato per mare da Roma, e infine il busto di Clemente XI attribuito a Lorenzo Ottoni, donato nel 1741.
SALA 3 – BOTANICA E ZOOLOGIA
L’interesse del pontefice per le scienze naturali è confermato anche dai volumi della sua biblioteca, donati all’Istituto delle Scienze: sono qui esposti [E] la Locupletissimi rerum naturalium thesauri accurata descriptio (1734) del naturalista olandese Albert Seba, che descrive la sua collezione di piante e animali in 4 volumi con 446 tavole e la Rariorum stirpium historia (1742) di Giacomo Zanoni, prefetto dell’Orto Botanico bolognese (1642-1682), illustrata con 185 tavole di piante.
Nell’ingresso si possono vedere due ritratti [C-D]: quello di Benedetto XIV, attribuito ad Agostino Masucci, ed ispirato al noto modello di Pierre Subleyras, e quello della fisica Laura Bassi (1711-1778), una delle prime donne laureate in Italia e la prima ad ottenere una cattedra universitaria grazie al supporto del pontefice.
SALA 4 – FISICA E OTTICA
Nel 1745 Benedetto XIV donò all’Istituto gli strumenti ottici di Giuseppe Campana, arricchendo il laboratorio fisico dedicato allo studio della luce, un tema di ricerca tradizionale a Bologna a partire da Francesco Maria Grimaldi, scopritore della diffrazione. Negli anni ’20, Francesco Algarotti (autore dell’opera divulgativa Il newtonianismo per le dame, 1744), con Zanotti e Manfredi, condusse esperimenti sulla rifrazione usando lo spato d’Islanda, un minerale trasparente, per dimostrare le teorie newtoniane. Nella sala sono esposti altri doni del papa: una sfera armillare [F] in ottone dorato con base lignea, che reca incisi i segni zodiacali e i nomi dei venti, e inoltre un micrometro filare per misurare posizioni celesti, entrambi realizzati da Domenico Lusverg (1744); infine, una pentola a pressione di fabbricazione olandese [G].
SALA 5 – CHIRURGIA E OSTETRICIA
Da poco eletto pontefice, Lambertini istituisce con un motu proprio del 1742 la prima Scuola di chirurgia pratica all’interno dell’Università di Bologna, e affida la prima cattedra di Chirurgia a Pier Paolo Molinelli, nominato ostensore unico delle anatomie presso l’Istituto delle Scienze; a lui dona, inoltre, strumenti chirurgici fatti appositamente realizzare in Francia. In generale Benedetto XIV sarà sempre attento nel procurare all’Istituto i più appropriati e moderni dispositivi per esercitare le scienze sperimentali. Dal medico ostetrico Giovanni Antonio Galli acquisirà nel 1758 le tavole in cera che illustrano l’apparato genitale femminile e maschile, realizzati da Giovanni Manzolini e Anna Morandi, e i modelli di utero in argilla eseguiti da Giovan Battista Sandri, progettati per una esplorazione tattile, e dunque, ancor più efficaci a fini didattici.
SALA 6 – ANATOMIA
Intrapresa nel 1742 su mandato di Benedetto XIV, e conclusa intorno al 1751, la realizzazione della Stanza di anatomia viene affidata allo scultore e accademico clementino Ercole Lelli. Il progetto, promosso allo scopo di fornire modelli utili per lo studio della miologia e dell’osteologia del corpo umano, prevede la modellazione in cera, a grandezza naturale, di due ‘ignudi’ e di sei ‘spellati’, che mostrano gli strati sottocutanei dell’apparato muscolo-scheletrico. L’esposizione entro le vetrine degli ‘armarij’ non solo preserva l’integrità delle figure, ma ne sottolinea, accanto alla funzione didattico-scientifica, anche il valore estetico e il contenuto morale: se per i due nudi si fa ricorso all’esempio paradigmatico della bellezza umana dei progenitori, Adamo ed Eva, due scheletri umani, armati di falce, che concludono la serie, rappresentano un’allegoria della morte.
SALA 7 – LE CERE ‘MORANDI-MANZOLINI’
La sala raccoglie i preparati in cera che illustrano organi anatomici e di senso, opera dei coniugi Giovanni Manzolini, già collaboratore di Ercole Lelli, e Anna Morandi, ceroplasta e anatomista. Nelle teche sono esposti i loro ritratti, portentosamente mimetici grazie alla tecnica adottata, che unisce l’uso della cera al corredo di occhi di vetro, stoffe vere, capelli veri. Colti nell’atto di compiere, il primo, una dissezione del cuore, la seconda, del cervello, vennero modellati dalla moglie, celebrata dalle fonti coeve per l’inusitato coraggio manifestato nel trattare “i cadaveri e anche le membra in decomposizione”, riproducendoli “con arte mirabile”, avendo cura di disporli “nel modo più elegante” (Francesco Maria Zanotti, 1755).
SALA 8 – BASAMENTO DEL RITRATTO DI MARSILI
Utilizzato per sostenere il Ritratto di Luigi Ferdinando Marsili (1766), il basamento in legno intagliato, raffigurante un’aquila, un globo, armature, scudi e strumenti diversi, prima di giungere in possesso di papa Lambertini, era appartenuto alla collezione di Cristina di Svezia, ed era stato realizzato per reggere il busto del padre, re Gustavo. Potrebbe aver fatto da base per sostenere il busto di Clemente XI, che oggi si trova nella sala nr. 2.
SALE 9-10 – GEOGRAFIA E NAUTICA
Benedetto XIV contribuì ad arricchire anche la camera di Geografia e Nautica dell’Istituto, creata nel 1724: nel 1752 il pontefice donò all’Istituto i due globi, celeste e terrestre [I], in legno e cartapesta, ricoperti da carta stampata, realizzati da John Senex nel 1740. Il primo globo raffigura più di 2000 stelle, con nomi in latino, greco e arabo, mentre il globo terrestre mostra equatore, tropici ed eclittica, meridiani, paralleli e altre linee utili alla navigazione. Al 1751 risale il dono del Vascello di III rango S. Antonio da Padova [L], a 2 ponti, 58 cannoni, 3 alberi, modello di natura didattica, costruito in modo da mostrare l’ossatura della chiglia, appartenuto al conte di Maurepas, sovrintendente alla Marina di Francia. Accanto si trova la Carta dell’Europa [M] di Frederick de Wit: stampata ad Amsterdam da Reiner e Joushua Ottens, nel 1719, la carta fa parte di una raccolta di mappe dei 4 continenti, donate all’Istituto nel 1726, caratterizzate da cornici con fregi a stampa realizzati da Domenico Bonaveri e Odoardo Fialetti, sulle quali è visibile il timbro papale. Trova posto nella sala 11, ma riguarda questa sezione, la Carta nautica di Banet Panadès [N] (XVI sec.), che rappresenta il Mediterraneo e una parte dell’Oceano Atlantico; la carta apparteneva in origine al marchese Cospi, la cui raccolta fu trasferita all’Istituto per volontà di papa Lambertini.
SALA 11 – STAMPE, PROGETTI GRAFICI E ARCHITETTONICI
L’incessante promozione degli studi sostenuta da Benedetto XIV include il dono di un’imponente raccolta di stampe tratte da opere di antichi maestri, rilegate in album e destinate all’uso didattico nell’ambito dell’Accademia Clementina. Ne reca memoria in mostra un volume della Pinacoteca Nazionale, aperto su una incisione tratta da disegno di Claudio Maratta (1625-1713), dedicata alla Scuola di disegno, insieme ad alcune stampe sciolte di grandi dimensioni appartenenti alla BUB. Un esemplare della Pianta, facciata e spaccati della chiesa di San Pietro di Lorenzo Capponi testimonia l’impegno di riedificazione della cattedrale bolognese, affidata all’architetto Alfonso Torreggiani. Infine, un progetto grafico di Marcantonio Franceschini è all’origine della pala con l’Annunciazione (oggi presso la chiesa di Sant’Isaia), realizzata nel 1726 per la cappella di Palazzo Poggi, proprio grazie al finanziamento di Lambertini, allora vescovo di Teodosia.
SALE 12-13 – LA BIBLIOTECA
Benedetto XIV arricchì la biblioteca dell’Istituto grazie all’acquisizione di collezioni di famiglie nobili bolognesi e quindi (1742) dei fondi Aldrovandi e Cospi; aggiunse poi oltre 10.000 volumi appartenuti al cardinale Filippo Maria Monti (1675-1754). Donò quindi la propria biblioteca con un motu proprio del 6 settembre 1754, e con un analogo atto del 20 luglio 1755 introdusse l’obbligo che una copia di ogni opera stampata a Bologna fosse data alla biblioteca: si espone il documento originale, con firma autografa. Promosse inoltre l’acquisto di edifici adiacenti all’Istituto, per la costruzione di una nuova biblioteca – oggi nota come Aula Magna della BUB (sala 18 [Q]) – che fu realizzata su progetto di Carlo Francesco Dotti, preferito a quello (in mostra) di Giuseppe Civoli. La libreria, in legno di noce, articolata su due livelli, fu costruita dal carpentiere Carlo Dal Pozzo su disegno di Ercole Lelli, ed è sormontata da ventotto busti in terracotta dipinta, di teologi, giuristi, e autori della classicità greco-latina.
La biblioteca fu aperta al pubblico il 12 novembre 1756, con una orazione tenuta da Ludovico Montefani Caprara e pubblicata nel 1757. Le vetrine includono quindi – oltre al catalogo manoscritto redatto nel 1750 per volontà del pontefice (ms. BUB 425) – una selezione delle legature di libri e manoscritti del fondo Lambertini, provenienti da tutta Italia e dall’Europa. Le decorazioni includono cornici dorate, nastri intrecciati e fregi floreali, con stili come Il ‘pizzo regolare’ (che imita i merletti d’abbigliamento con disegni continui) e quello ‘irregolare’ (con uccelli, fiori, conchiglie in volute stilizzate). Tra i materiali predomina il cuoio rosso, simbolo della Chiesa trionfante post-Controriforma.
SALA 14 – LA MUSICA
Il ritratto del compositore Giambattista Martini (1706-1784) – consigliere del papa per la musica assieme a Giacomo Antonio Perti (1661–1756, autore di una Messa in sol magg. detta Lambertina) – vuole ricordare l’attenzione che il pontefice ebbe per il rapporto tra musica e liturgia (oggetto dell’enciclica Annus qui hunc del 1749) e per l’Accademia dei Filarmonici di Bologna, equiparata per prestigio alla Congregazione capitolina dei musici di Santa Cecilia.
SALA 15 – LA FAMIGLIA LAMBERTINI
La vetrina espone alcuni documenti relativi ai Lambertini, una delle più antiche famiglie nobiliari di Bologna, che si fa risalire ad un Lamberto, figlio del conte Mondo di Sassonia: accanto all’albero genealogico tracciato dal bibliotecario L. Montefani Caprara (ms. BUB 4207, XVIII sec.), trova posto il volume I riti nuziali degli antichi Romani: per le nozze di Sua Eccellenza don Giovanni Lambertini con Sua Eccellenza donna Lucrezia Savorgnan (Bologna, Lelio della Volpe, 1762), nella cui antiporta è ritratto il pronipote di Benedetto XIV, con la sposa. L’elegante palazzo cinquecentesco, in via Santo Stefano 43, caratterizzato da un portico con colonne doriche, già proprietà dei Vizzani, divenne dimora di famiglia dei Lambertini dal 1732, quando fu acquistato da Prospero, allora arcivescovo di Bologna: se ne può vedere una incisione di Antonio Landi (1713-1791).
SALA 16 – BENEDETTO XIV PROMOTORE DELLE ARTI
La sontuosità dei doni di Lambertini alla cattedrale della sua città è documentata dal Tesoro della Cattedrale di San Pietro: in mostra sono esposti la legatura per un rituale romano e il servizio per bruciare l’incenso liturgico durante le funzioni religiose, composto da turibolo e navicella in argento dorato [O], opera del celebre orafo Antonio Gigli. La preziosità della Rosa d’Oro, purtroppo dispersa, inviata nel 1751 da Benedetto XIV a Bologna, secondo un antico rito, è testimoniata da due stampe della BUB e dalla tavola di Antonio Scarselli, in Insignia degli Anziani del Comune di Bologna (conservate presso l’Archivio di Stato).
L’affetto di Benedetto XIV per la sua città si espresse nel sostegno dato sia all’Istituto delle Scienze, sia all’Accademia Clementina, che egli dotò di una raccolta di calchi in gesso di sculture antiche. Numerose furono le sue commissioni a professori clementini per la cattedrale bolognese. Ne restò invece escluso Giuseppe Maria Crespi, che stava eseguendo il ritratto di Lambertini, allora soltanto cardinale e vescovo, proprio quando venne chiamato a Roma per il conclave, nel quale sarebbe stato eletto papa. Oltre al dipinto di Crespi [P], sono esposti un ulteriore ritratto miniato, opera del figlio Antonio, ed un modello di monumento dedicato al pontefice da Filippo Della Valle in segno di gratitudine per l’aggregazione all’Accademia Clementina. Un ulteriore ritratto del pontefice, appeso a parete ed eseguito da Gaetano Savorelli, tratto dal modello di Pierre Subleyras, raffigura il papa nella duplice funzione temporale e spirituale, sintetizzata nell’atto di udienza e benedizione.
Sulla parete di ingresso alla sala trova posto una notevole opera di Ludovico Carracci: il ritratto, in posa ufficiale, di Francesco Pannolini, ricco mercante e fondatore dell’omonimo collegio universitario, i cui beni (compreso questo dipinto) passarono all’Istituto delle Scienze nel 1745, per volere del papa.
SALA 17 – I TESORI DELLA BIBLIOTECA
Nella grande sala progettata da Carlo Francesco Dotti, aperta al pubblico nel 1756 e arredata con una libreria in radica di noce realizzata da Carlo Dal Pozzo su disegno di Ercole Lelli, prosegue l’esposizione dei manoscritti, introdotta da 3 libri armeni, di piccole dimensioni e decorati da sontuose immagini: un Vangelo (ms. 3290, sec. XVII), racchiuso da una legatura in filigrana d’argento; un Commento ai dodici profeti minori (ms. 3291, sec. XVI), ritratti con decorazione policroma e oro; infine, un Commento all’Apocalisse (ms. 3292, sec. XVII). A questi è accostato il Nuovo Testamento e Salterio in slavo ecclesiastico (ms. 3575B, del 1404), con ricca ornamentazione, dovuta a due artisti: il primo segue modelli gotici e romanici, di tradizione veneziana e bolognese, il secondo resta più fedele a modelli locali. Si segnalano inoltre il Breviario Carthusianum (ms. 343, sec. XIV), miniato da Nicolò di Giacomo presso la certosa bolognese di San Girolamo, e il Lectionarium (ms. 892, sec. XVI), realizzato ad uso della basilica di San Petronio a Bologna, con iniziali istoriate e ornate con motivi vegetali, fregi ad asta o a ghirlande con motivi floreali, e medaglioni con perle e gemme. Al sec. XI appartiene invece il Messale (ms. 1084), in minuscola carolina, che presenta decorazioni di grande formato, oltre ad iniziali ornate, inscritte in eleganti riquadri purpurei bordati da motivi geometrici. Tra i manoscritti di argomento letterario, sono in mostra il Dante lambertino (ms. 589, sec. XIV), di area bolognese, con il testo della Commedia, pregevole per la sua antichità, oltre che per le decorazioni, e le Satire di Giovenale (ms. 877, sec. XV) ornate con volute floreali in blu, bianco, rosa e oro, e lo stemma della famiglia fiorentina Attavanti.
Tra gli incunaboli miniati, si segnalano in particolare la Bibbia stampata nel 1462 a Magonza da Johann Fust e Peter Schoeffer, già collaboratori di Gutenberg, che svilupparono una tecnica di stampa a due colori, rosso e blu, e la prima edizione di Lattanzio (Subiaco 1465), stampata da Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, emigrati in Italia dopo il sacco di Magonza. Notevoli anche le edizioni stampate dal tipografo veneziano Aldo Manuzio, tra cui le prime edizioni a stampa dei classici greci Aristotele (1495-98), Sofocle (1502) e di Pindaro (1513), sul cui frontespizio si distingue la marca tipografica con ancora e delfino.
Il papa aveva raccolto poi splendide edizioni a stampa dei secoli successivi: sono esposte, ad esempio, la quarta edizione delle Opere di Seneca (1652), curata da Giusto Lipsio, con incisioni di Cornelis Galle su disegno di Rubens e il facsimile (Antiquissimi Virgiliani codicis fragmenta, Roma 1741) che riproduce la scrittura in capitale e le miniature del manoscritto Vaticano Latino 3225 (IV/V sec.), documentando l’interesse della cultura del tempo per la paleografia, oltre che per discipline più tradizionali come l’archeologia e l’epigrafia (per cui si vedano i volumi di Furietti e Maffei). Chiudono questa sezione la prima traduzione italiana Della natura delle cose di Lucrezio (di Marchetti, Londra 1717), e la tragedia Le fanatisme, ou Mahomet di Voltaire (Amsterdam 1743) accompagnata da una lettera di dedica dell’autore: questi libri mostrano le curiosità del pontefice per la cultura del tempo, anche se entrambi finirono poi all’indice. Infine, lo straordinario erbario algologico, con esemplari di piante marine seccate, custodite all’interno di lamine trasparenti di gesso, raccolto dall’antiquario Antonio Baldani (con il titolo Fuci corallinae et keratophita) testimonia la ricchezza della biblioteca anche nel campo le scienze naturali.
Una sezione specifica è poi dedicata alla riflessione teologica e liturgica di papa Lambertini, ricostruibile attraverso le sue opere, di cui si conservano in BUB sia esemplari a stampa, sia numerosi manoscritti. Sono esposti in particolare i trattati De servorum Dei beatificatione (1734-38 e riedito nel 1743), De sacrificio Missae (1747), rielaborazione delle Annotazioni sopra le Feste (1740), De synodo dioecesana (1748 e 1755), e le Notae de miraculis, opera rimasta inedita fino al 2024, e conservata dal ms. 1070. Papa Benedetto XIV nel 1742 pose fine a secoli di dispute sulla compatibilità dei riti confuciani con il cristianesimo: l’interesse per la Cina è testimoniato (oltre che da alcuni manufatti donati all’Istituto delle Scienze, ed ora al Museo Medievale) anche dall’Atlante dei territori imperiali di Matteo Ripa, missionario a Pechino tra il 1711 e il 1723, donato al papa nel 1719.
L’attività del pontefice è documentata anche da alcune raccolte di lettere (in particolare dal ms. 4330, con 248 lettere autografe).
Un’ultima sezione vuole dare conto della fortuna contemporanea della figura del pontefice, grazie alla commedia Il cardinale Lambertini di Alfredo Testoni (1905), e alle interpretazioni di Ermete Zacconi (teatrale, cinematografica) e di Gino Cervi (teatrale, cinematografica, televisiva): nella versione dialettale, la commedia è stata messa in scena a Bologna, anche in tempi recenti.
COLLEZIONE DI ZOOLOGIA
È qui esposta, restaurata da poco, la tartaruga liuto, dono di Benedetto XIV, trovata sulla spiaggia di Nettuno ove probabilmente si era arenata. È Francesco Zanotti nell’Introduzione al IV tomo dei Commentarii, a dare notizia del grosso esemplare di testuggine marina coriacea di sesso maschile, aggiuntosi alla collezione dell’Istituto nel 1755.
MUSEO ARCHEOLOGICO
Le donazioni del papa arricchirono la Stanza delle Antichità e la sezione di Storia Naturale dell’Istituto delle Scienze con importanti materiali numismatici e alcune mummie egizie, trasferite al Museo Civico nel 1878. Sono ora in esposizione il cartonnage appartenente ad una mummia del I sec. a.C. e un sarcofago antropoide (735-746 a.C. ca.), appartenente ad un dignitario egiziano di nome Mes-Iset.
MUSEO MEDIEVALE
Dal patrimonio dell’Istituto delle Scienze provengono preziosi doni di Benedetto XIV, tra cui eccezionali manufatti come l’Orologio a ostensorio con lucerna del fiammingo Hans de Valx, "relojero" di Filippo II. Notevoli anche i due bacili da parata (1672) con brocche, rivestiti di corno di cervo ed avorio intagliato, probabilmente opera di Balthasar Griessmann, che erano esposti nella stanza dei Presidenti dell’Istituto con cornici dorate. Papa Lambertini donò anche oggetti orientali e di cultura indigena americana: la Coppa Zambeccari in porcellana bianca (Cina, XVI sec.), una tazza in corno di rinoceronte con manici a serpente (dinastia Ming), e il bauletto decorato con resina mopa-mopa, l’ascia amazzonica e il copricapo piumato donati al pontefice dal gesuita Carlos Brentano.